Il nuovo brano degli Zen Circus racconta la storia di un vagabondaggio notturno alla ricerca del senso segreto della vita, consci di essere soltanto fragili umani Appesi alla luna.
Dopo la rabbia e il dolore urlati nel loro album Il fuoco in una stanza del 2018, con Appesi alla luna, gli Zen Circus si vestono di toni soft e intimi, conducendo l’ascoltatore attraverso una scrittura soffusa e magnetica, simile alla luce di una città addormentata.
Nocturnal
Appesi alla luna è un meccanismo perfetto. Al suo interno, infatti, c’è tutta l’originalità critica degli Zen Circus accompagnata da un arrangiamento efficace e da un gioco di contrasti, una commistione di luci e ombre. Un pezzo incendiario come benzina e morbido come velluto.
La chitarra elettrica di Francesco Motta, accompagnata dalle sonorità di Ufo, Karim, Francesco “IL Maestro Pellegrini” e Andrea Appino, leader della band e autore del testo, ci lascia davanti al percorso di un antieroe moderno, prigioniero di sé stesso sotto un cielo noncurante.
Il cielo è un tetto sopra le case
quindi alla fine non usciamo mai
È in questo girare intorno senza una meta precisa che scopriamo tuttavia di non essere soli nella nostra miseria. Il nichilismo dell’esistenza umana si risolve in una passeggiata al chiaro di luna, in cui lo sguardo sfiora i tetti di Lisbona e infinite possibilità si aprono sotto le nostre stanche palpebre.
Siamo accendini senza sigarette
siamo fame e sete
siamo dei gradini fra le salite e le discese
di un milione di miliardi di destini
appesi alla luna
sopra Lisbona
Appesi alla luna degli Zen Circus è quindi la visione di un sognatore travestito da cinico senza un fine né una meta. La voce di Appino plana sulle parole come una foglia autunnale, nostalgica verso un’estate appena finita ma pronta ad affrontare il freddo inverno. Una canzone da consigliare ai cuori insicuri che nella vita si sentono funamboli bendati senza reti di protezione.
Identità
Nonostante l’epicentro di Appesi alla luna sia l’indagine attorno allo scopo dell’esistenza umana, in realtà gli Zen Circus, hanno da sempre cercato di costruire testi introspettivi e profondamente cantautorali. Proprio per questo motivo, in vent’anni di esperienza hanno saputo toccare i cuori di un pubblico sempre più affezionato e transgenerazionale.
Un sound embrionale fortemente influenzato dai toni punk folk dei Violent Femmes, dalle melodie caotiche e dai riff distorti dei Pixies e dalla dimensione nevrotica dei Talking Heads, il gruppo pisano è riuscito a confermarsi come un’eccellenza nel mondo del rock italiano. Infatti, l’album Andate tutti affanculo, uscito nel 2009, è stato considerato da Rolling Stone fra i migliori 100 album italiani di tutti i tempi.
Figli della cultura rock anni ’90, hanno saputo miscelare la loro pesante valigia musicale alla ricerca qualitativa di testi densi di concetti semplici ma affilati come coltelli. Una maturità compositiva talmente nitida da non lasciare posto a melodrammi o a un’ironia scontata poiché la migliore amica della fama è l’onestà intellettuale.