Ásgeir Trausti Einarsson, noto al grande pubblico semplicemente come Ásgeir: un nome “esotico” e dalla difficile pronuncia che a molti suonerà sconosciuto. Una di quelle che definisco perle musicali, che meriterebbero maggiore fama ma che per il momento restano una piccola, preziosa nicchia.
Ho scoperto Ásgeir, brillante artista di soli 27 anni, per puro caso, come spesso accade. Due elementi mi hanno portato ad ascoltarlo e, rapidamente, ad amarlo: un indimenticabile viaggio in Islanda e l’amore per la musica. Due passioni che possono facilmente interconnettersi, essendo la musica parte integrante di un paese, qualunque esso sia.

Dopo quest’avventura nelle terre selvagge del ghiaccio e del fuoco, ho scoperto con piacere che la musica islandese non è fatta solo di Björk e Sigur Rós, nonostante la melodia di Hoppipolla mi risuonasse in testa per tutta la durata del viaggio. Strano ma vero, quella vacanza mi ha davvero aperto un mondo, riuscendo quasi a rimpiazzare i miei amatissimi Sigur Rós in quel mio angolino di cuore dedicato agli artisti “nordici”.
Era il mese di maggio 2018: da allora Ásgeir è tra i miei artisti più ascoltati su Spotify, il mio compagno di sport, passeggiate, meditazione, relax. In pochissimo tempo il suo talento e la sua voce angelica mi hanno totalmente conquistata, guadagnandosi pienamente un posto nel mio personale Olimpo musicale.
Il debutto: Dýrð í dauðaþögn
Nel 2012, il giovane e talentuoso Ásgeir pubblica il suo album di debutto, in lingua islandese, traducibile più o meno come Nel silenzio.
Il successo è immediato. L’album raggiunge la prima posizione in Islanda e si guadagna il triplo disco di platino, diventando il più venduto di sempre sul territorio islandese. Nello stesso anno vince il premio “Album dell’anno” agli Icelandic Music Awards e riceve inoltre il Kraumur Award.
Tutto ciò per un album di debutto. Ma non era Björk la regina della musica made in Iceland?
Il singolo di lancio di questo splendido album è Sumargestur, in inglese Summer Guest. Personalmente è uno dei miei brani preferiti di Ásgeir, che rappresenta pienamente il suo stile: pacifico, melodico, orecchiabile.
Sumargestur, oltretutto, come gli altri brani di Ásgeir presenta un song writer d’eccezione: Einar Georg Einarsson, il padre di Ásgeir. In ogni intervista, Ásgeir non dimentica mai di menzionare suo padre e l’apporto che ha fornito nella scrittura dei suoi testi, sottolineando come la sua esperienza di uomo e genitore contribuisca alla realizzazione dei suoi brani.
Sumargestur, o Summer guest, ne è solo un piccolo esempio:
From my heart I thank you friend for this precious melody
For these sweet and pure tones, sweet and pure tonesWhen the autumn comes again
I ask you from my heart, my friend
That you’ll help me sing your song
Oh, summer guest, I’ll miss you while you’re gone.
E’ stata però la versione inglese dell’album, In the silence, a farmi scoprire pienamente questo etereo artista islandese, sebbene la traduzione dei brani tolga comunque qualcosa.
Ciononostante, da allora è stato amore puro. In the silence nasce nel 2014 dalla collaborazione tra Ásgeir e John Grant, altro artista eccellente e a mio avviso troppo sottovalutato. John Grant appare anche nel singolo di King and Cross, tratto da In the silence e tuttora uno dei brani più famosi di Ásgeir. Un brano leggermente più movimentato, con sonorità più elettroniche che un po’ mi ricordano Jack Garratt, anche per la voce molto acuta e delicata.
La conferma: Afterglow
Nel 2017, Ásgeir pubblica l’album Afterglow, stavolta interamente in inglese. Anche qui c’è lo zampino di John Grant e ovviamente di papà Einar.
Ho trovato quest’album meno interessante e “ricco” rispetto a In the silence. I brani sono decisamente più mainstream e meno originali, sicuramente per esigenze discografiche legate alla crescente approvazione di Ásgeir da parte del pubblico internazionale.
Per una musica come quella di Ásgeir, credo che la scelta della lingua sia fondamentale. Non capisco una parola di islandese, ma credo che apporti ai brani di Ásgeir una particolarità davvero unica, avendo metrica e suoni così diversi dall’inglese. E’ una lingua “dura”, complessa, nordica, ma non mi aspettavo che fosse così musicale!
Ciononostante, Afterglow è sicuramente un ottimo lavoro discografico, con i suoi “brani gioiello”. Uno di questi è Trust, che mi ricorda molto i Bon Iver.
Although the wind is blowing
And the gloom is in the air
Out where the ocean meets the northern hemisphere
And in the cold of winter
I know you are always near
You are watching over me somewhere
Lo ammetto, sono una che ama fantasticare: mi piace trovare simboli e “messaggi” in ogni cosa e ho perennemente la testa tra le nuvole (ma i piedi ben saldi a terra). E mi capita spesso di associare una canzone a un paesaggio.
Ebbene, quando penso alle canzoni di Ásgeir, in particolar modo a Trust, è impossibile non ripensare alla natura selvaggia islandese, talmente pura e incontaminata da non sembrare neppure di questo pianeta. Se le aurore boreali e i ghiacciai avessero un volto e una voce, sarebbero sicuramente quelli di Ásgeir, non ho dubbi!

Il successo: Bury the moon
Pochissime settimane fa Ásgeir ha pubblicato il suo ultimo gioiello: Bury the moon, un vero capolavoro. E ovviamente non ho potuto fare a meno di divorarlo, come sono solita fare a ogni nuova uscita. Soprattutto in vista della data parigina del Bury the moon European Tour, che si è svolta il 17 febbraio nel piccolo ed elegante Trianon, nel cuore di Pigalle.
Pictures, o Myndir in islandese, è uno dei fiori all’occhiello di Bury the moon, e anch’esso molto figurativo come brano. La scelta di girare il videoclip vicino a Reykjavik, e nel bel mezzo di una tempesta di neve, non sembra essere affatto casuale…
Il regista Einar Egilsson, che si è ispirato a Quentin Tarantino e ai vecchi film Western per la realizzazione del video, ha percepito una sorta di “doppia faccia” del brano: versi malinconici e tristi in contrasto con refrains più ritmati e brillanti. In qualche modo, il video cerca di trasmettere le innumerevoli sensazioni trasmesse dalla canzone, di cui il successivo brano Youth sembra essere il seguito naturale. E sul palcoscenico del Trianon è stato emozione pura.
Come ha dichiarato Ásgeir in una recente intervista, il senso di un brano come Youth non sarebbe stato lo stesso senza la poetica penna di papà Einar Einarsson. La scelta delle parole, unite a un melodioso e intenso crescendo musicale, evoca realmente la nostalgia di un’infanzia ormai passata, caratterizzata da giochi all’aria aperta, fantasia, spensieratezza, e soprattutto piccole cose che trasmettevano amore e gioia immensa.
Appearing in my mind now
Pictures from the past
I won’t forget the years
When boundless love and joy
Lived in our young hearts
And smiled inside our chests
This world that we created
I’ll never forget…
Con Bury the moon, il giovanissimo Ásgeir ha per me già raggiunto l’apice. Ha dimostrato maturità artistica, una sensibilità notevole, una raffinatezza e un’eleganza come pochi. Senza mai perdere quelle melodie dolci, pacifiche e oniriche che l’accompagnano dai tempi di Sumargestur. Se ne avrete l’occasione e amate il suo stile musicale, fatevi questo regalo: assistete a un suo concerto. Una tournée italiana sembra ancora essere lontana, ma ne varrebbe davvero la pena. E se dopo averlo ascoltato vi viene voglia di fare un viaggio nelle terre islandesi del ghiaccio e del fuoco, allora il dolce Ásgeir vi avrà davvero conquistati.

Casertana d’origine, expat per scelta. Biologa, cantante per diletto, animale notturno concerto-dipendente e frequentatrice compulsiva di aeroporti.