Vi giuro. Non lo faccio apposta. Nulla era premeditato, ma la banana (non siate maliziosi, qui si parla del frutto citato nel nome del gruppo) fa nuovamente capolino.
Dopo le Bananarama, questa volta inciampiamo (e aridaje con le allusioni al frutto dell’amor) su lidi ben più cangianti e multiformi.
Parliamo dell’esuberante esordio della band australiana Bananagun.
The True Story of Bananagun
Già il titolo dell’album The True Story of Bananagun fa presagire come il gruppo voglia mettere tanta, tantissima carne al fuoco. L’intento pantagruelico di scozzare le carte non ha nulla di moderno, niente moine scaltre transgenere e nemmeno il citazionismo rabdomantico che finisce poi per mettersi in posa.
Riformuliamo meglio la situazione: qui di fumo ce n’è, a iosa, ma la ciccia vi è eccome.
Si mangia, ci si ingozza e ci si alza pure soddisfatti, inforcando uno stuzzicadenti tra gli incisivi e il bottone alla cinta già bel che slacciato.
Una vibrante psichedelia ti si stringe ai fianchi, parte bossa nova e si atteggia alla Jimi Hendrix. Subentra dirimpetto un basso fuzzy e a un tratto ti senti molestato dall’afrore dinamitardo di Fela Kuti.
Poi tutt’un tratto, sapientemente a metà viaggio, i Melbournians ci piazzano un chiassoso coro da orgasmo ornitologico che per un attimo ci fa girare il capo alle spalle per realizzare quanto ci siamo allontanati dalle nostre grigie realtà cittadine. Tempo un minuto e poco più e di nuovo ci si sente stuprati da quell’andazzo tropicale alla Os Mutantes, dal blues farcito da impennate garage che si spengono infine in ambienti exotic-lounge.
Escapismo sragionato. Immaginatevi in quegli zoo dove trovate il leone spaparanzato su un masso, gli scimpanzé che urlano all’impazzata, la giraffa che si fa bellamente i cazzi suoi e all’improvviso appare lui, il pavone. Si gira, ci da il culo pennuto e sventaglia la coda maestosa e tu che fai?
Rimani allibito da quanta bellezza possa celare quello che pareva un tacchino.
E niente, per una volta vi lascio con questi pochi dettagli. Di nozioni ve ne sono così tante all’interno della ghenga Bananagun che sarebbe addirittura inutile discernerle in maniera analitica.
Qui parliamo di un sapere enciclopedico, compensato però in un bignami tanto conciso quanto ben riuscito.
Il rimedio perfetto contro la calura estiva.

Bon vivant escapista. Commendevole fricandó di utopie. Indole appocundriaca. Loggionista alticcio.