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Come è nata la Dolly Parton Challenge

Bentornati miei cari lettori! Oggi voglio darvi una notizia alquanto bizzarra parlandovi di colei la quale ha dato inizio alla challenge che vediamo da giorni dilagare su tutti i social: Dolly Parton.

Esempi di celebrità come Jennifer Garner, Oprah Winfrey, Donatella Versace, Ellen DeGeneres, Naomi Campbell, anche uomini come l’astronauta della Nasa Scott Kelly, ed attori come Mark Ruffalo e Will Smith, hanno subito approfittato per partecipare alla creazione dell’ironico collage della Dolly Parton challenge.

Non tutti però la conoscono nelle vesti di influencer, in verità si tratta della cantante country più apprezzata al mondo. Conoscete la canzone I will always love you resa ancora più famosa da Whitney Houston? Vi rinfresco subito la memoria, anticipandovi che è proprio Dolly Parton la fautrice del conosciutissimo brano in questione e non solo del collage.

https://www.youtube.com/watch?v=aDqqm_gTPjc

Il collage divenuto virale

Per capirci nell’immediato, il collage connesso all’hashtag #dollypartonchallenge è questo:

Dopo quasi cinquant’anni dal suo brano immortale I will always love you, e dalla canzone che ha fatto la storia della musica country Jolene, Dolly Parton “si fa in 4” e si immerge nel mondo social divenendo virale. In molti la conoscevano già, i giovani di oggi invece ne ignoravano l’esistenza, ma lei ha saputo bene come farsi pubblicità anche tra gli adolescenti o amanti di differenti generi musicali. Come? Semplicemente avendo un’idea molto simpatica e creando un collage fatto di quattro foto che la ritraggono in quattro atteggiamenti diversi.
Le foto utilizzate sono immagini profilo di quattro social, nello specifico parliamo di: Linkedin, Facebook, Instagram e Tinder.

Dolly Parton si è divertita a sottolineare con ironia la tendenza a mostrare diversi lati della nostra personalità in base al social che stiamo utilizzando. In effetti la nostra Dolly non ha tutti i torti!

Analizzando nel dettaglio la scelta delle foto per il collage, notiamo come si tende ad utilizzare una foto per Linkedin molto seriosa; non a caso Linkedin è un canale professionale utile alla ricerca di una posizione lavorativa. Facebook è il primo social per eccellenza e mostra la persona nel quotidiano, a differenza di Instagram divenuto oramai vetrina per pubblicizzare la propria immagine, infatti si applicano filtri in grado di migliorare l’effetto finale sulla foto e/o correggere difetti fisici. Ultima foto del collage è quella di Tinder, app finalizzata ad incontri online ed appuntamenti, di conseguenza la foto in questione è tendenzialmente più provocante. Ed infatti, nella quarta foto, la prosperosa cantante non si pone problemi nel mostrarsi nelle vesti di coniglietta di Play Boy.

Ecco che la Dolly Parton Challenge dilaga, tutti prendono spunto e nessuno sa in verità che a creare questa epidemia sui social è una donna di 74 anni, conosciutissima cantante di musica country.

Il momento nostalgico non può mancare… vi lascio alla canzone intitolata Jolene.

Sapevate che… ?!

Sapevate che gli scienziati nel lontano febbraio 1997, durante l’annuncio della nascita della prima pecora clonata, resero pubblico il suo nome ufficialmente preso in prestito e in onore della cantante country Dolly Parton? Ebbene sì, la pecora Dolly ha il nome della nostra cantante. Assurdo eh?! Il nome è nato da un’idea dell’allevatore, il quale sapendo che la cellula clonata era una cellula mammaria, ha pensato subito al seno prosperoso della cantante country.

Le maschere che indossiamo sui social

Ma torniamo all’argomento in questione ed andiamo ad analizzare il fenomeno in modo critico. Vi siete chiesti perché tendiamo a scegliere determinate foto che ci ritraggono in modo differente, in base al profilo che utilizziamo?
Effettivamente verrebbe da pensare che l’immagine che vogliamo dare di noi stessi sia molto condizionata da ciò che quel social o app di incontri ha come scopo primordiale.

Il gesto di Dolly era ironico, ma cela tanta verità. Ammettiamo quindi che giornalmente ci ritroviamo ad indossare maschere perché è la società a volerci in quel determinato modo? Quanti di voi son d’accordo con me nel dire che dentro di noi sentiamo di essere “altro” da quello che vogliono vedere gli altri? Non sempre è così, ma il 90% di noi vive con la costante ossessione di accontentare la visione altrui, dimenticandoci di noi stessi.

Per quanto questa challenge sia un gioco, dimostra come quotidianamente lottiamo con la nostra immagine ed i social ne sono il motore.

Ma la challenge non ha colpito solamente personaggi famosi e/o gente comune, ma anche istituzioni importanti come università, musei, ecc… questo perché ci troviamo davanti ad una situazione che ironicamente riflette la triste realtà, perciò niente è come sembra!

Pirandello nel 2020

Stiamo vivendo un’epoca macchiata di crisi morali ed esistenziali, dove con ironia vengono messe in luce le nostre debolezze psicologiche davanti alle convenzioni sociali e soprattutto ai social.
Oramai i social sono specchio della società in cui viviamo, società fatta di vita mostrata ma non vissuta, momenti creati ma non sentiti, dove l’emozione viene sostituita da una foto che ci ritrae nelle vesti di chi non siamo; siamo letteralmente ossessionati dal nostro essere egoisticamente sempre al centro dell’attenzione.

Pirandello vi dice qualcosa?
Trattando l’argomento da un punto di vista morale, mi viene subito da pensare alle famose maschere pirandelliane, tanto studiate durante gli anni da liceale.

La mia è sicuramente una riflessione negativa, ma allo stesso tempo realistica, e proprio da qui nasce il collegamento con lo scrittore e poeta Luigi Pirandello e la sua opera Uno nessuno e centomila.
In Uno nessuno e centomila del 1926, il protagonista Vitangelo Moscarda si perde nel duro gioco delle maschere, assumendo identità diverse in base alle situazioni che affronta, vivendo vite parallele, per poi giungere all’amara consapevolezza della sconfitta. Questo accade perché egli non ha la forza di capire se stesso e chi lo circonda, tanto da perdersi.

Ed è così che sta succedendo oggi, il 2020 vede tante persone emulare i famosi, ma nessuno che, padrone di se stesso, riesca ad emulare semplicemente se stesso. Viviamo in base a come la società vuole che ci mostriamo in quella determinata situazione, proprio come Vitangelo, senza mai sentirci liberi di agire secondo una propria morale.
I social sono diventati una vetrina fatta di visi che si somigliano, forme plastiche e poco naturali, filtri che nascondono la naturale bellezza di cose e persone, espressioni finte e mai spontanee, ovvero maschere indossate solo per apparire e mai essere.

Pirandello non aveva tutti i torti, i suoi romanzi parlano dell’uomo dei nostri tempi. Col trascorrere degli anni i vecchi pensatori, come dei maghi, anticipano crisi morali sempre più attuali e contemporanee. La saggezza dei loro scritti dimostrano solo la debolezza dell’uomo davanti alla mercificazione della bellezza, dove apparire qualcuno indossando quotidianamente delle maschere è sempre meglio di calarsi nel proprio personaggio.

Ma ci rendiamo conto quanta fatica costi il voler sembrare qualcos’altro nel relazionarci con l’altro? Eppure la semplicità pare non essere apprezzata, essere semplicemente se stessi sembra agli occhi degli altri banale, ma in verità costa molta più fatica.

Viviamo con la mania di ottenere like, mentre Pirandello ci insegnava che non volendo essere noi stessi ci rifiutiamo di accettare la sconfitta o affrontare le nostre idee perché, temendo di non essere accettati, ci rifugiamo nella mediocrità.

Ecco che non prendendo posizione, l’irrisolto rimane tale e senza alcuno sforzo ci adagiamo nella menzogna indossando le maschere.

La domanda che poniamo a noi stessi non è tanto “Come mi vedo?”, ma “Gli altri come mi vedono?”. Ed è qui che nasce la spersonalizzazione dell’individuo, che da persona diventa personaggio, fotocopia dei tanti che si ostinano a voler sembrare perfetti.

La soluzione sarebbe essere noi stessi senza farci abbindolare da questi social che, seppur motori della modernità, stanno annullando la verità che diversificava la quotidianità.

Riassumo il mio pensiero dicendo che: oggi stiamo tentando di essere personaggi e non persone, l’alienazione porta ad una distruzione della nostra identità. Questo accade perché stiamo esageratamente tentando di accontentare le richieste del mondo esterno, dimenticandoci di noi stessi.

Istruzioni per l’uso

Ma tornando alla nostra Parton, anche io ironicamente tenterò di partecipare alla challenge indicando prima delle piccole istruzioni.

Vogliamo mostrarci professionali, casual, fotomodelli o sexy? Possiamo essere contemporaneamente tutto, basta solo modificare quattro foto e pubblicarle con disinvoltura come immagine profilo sui social, e il gioco è fatto!

Bene, una volta fatto ciò, si crea il collage delle quattro foto profilo con un’app che consente di creare ciò e la Dolly Parton Challenge è completata.

Attenzione però, può sembrare banale, ma è necessario però saper scegliere le giuste foto in grado di attirare le attenzioni della più accanita fetta di pubblico, proprio come la nostra Dolly.

Ma poiché noi dello staff RRM vogliamo stare al passo coi tempi, ma soprattutto non deludere i nostri affezionatissimi lettori, abbiamo creato per voi il collage tanto atteso, contenti?

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