Arriva il secondo disco di Ghali, DNA: nuovi suoni e nuovi colori nella speranza di replicare il successo dell’esordio con premesse del tutto diverse.
Avvertenza: questa non è una recensione. Anche perché nessuno qua vuole mettersi a sindacare sulla qualità del disco o sulla grandezza di Ghali. DNA merita tuttavia alcune riflessioni, dato che ormai il rapper italo-tunisino è considerato uno degli artisti più influenti nel panorama italiano.
DNA
Innanzitutto, DNA non è un disco hip hop (in senso proprio). Molto distante dai suoni dell’album d’esordio infatti, l’ultima fatica di Ghali si attesta come un ottimo prodotto in cui c’è ANCHE l’hip hop, ma quella che dovrebbe essere l’anima del rapper di Milano si perde a favore di una maggiore apertura nei beat, nei (con)testi e nelle collaborazioni.
Se parliamo delle basi…
Sono perfette. Musicalmente il disco è una bomba: da subito fa muovere e battere il piede a tempo ed è evidente che Ghali voglia far ballare, più che far cantare. Ne è un chiaro esempio Boogieman, uno dei singoli che ha anticipato l’uscita del disco e che vede la collaborazione di Salmo: l’atmosfera del pezzo è molto Novanta, molto club, molto dance, così come la maggior parte dell’album, che appare pensato e confezionato per essere ballato nei locali dello Stivale (e forse d’Europa).
Ma le collaborazioni?
C’è Salmo: hitmaker e fra i bestseller dell’ultimo anno, ma ne abbiamo già parlato. C’è Soolking (rapper algerino), in una traccia, Jennifer, che è un capolavoro di commistioni linguistiche e sonore: si passa dall’italiano al francese all’arabo in maniera semplice, musicale. Ancora Africa e rap internazionale con Mr Eazi: in Combo, Ghali e il rapper nigeriano hanno spazio per parlare anche di Africa, di Italia e di patatrac (cit.) mediatici, col rapper milanese come sempre portavoce delle seconde generazioni.
E poi c’è Tha Supreme, che merita un discorso a parte.
Perché il pezzo ‘ci sta’, anzi, funziona molto bene: produzione ovviamente Tha Supreme, che mette il suo anche nelle lyrics, in un dialogo con Ghali su street credibility e swag (giusto?).
Ma Marymango sembra quasi fuori contesto: perché, al di là di quel pezzo, il disco non è così trap, così spinto, e la collaborazione appare, in quest’album, come un qualcosa di forzato, più necessario al curriculum che alla narrazione di un disco che avrebbe comunque funzionato benissimo senza.
In definitiva…
DNA è più complesso di quel che appare e questo va riconosciuto a Ghali, che già lo aveva preannunciato fra interviste e social, con elementi da premiare e altri sicuramente da ripensare, come abbiamo detto.
Ciò non toglie, e quest’album ne è la prova, che Ghali sia probabilmente l’unico artista che in questo momento è in grado di mediare fra la scena hip hop italiana e internazionale ‘e tutto il resto’, senza rinunciare alla propria identità, alla propria peculiarità. Perché, per quanto il disco sia contaminato e a suo modo sperimentale, Ghali non perde nulla di ciò che lo ha caratterizzato finora. Piuttosto, appare diverso il contenitore di riferimento, l’ambiente a cui si rivolgono le barre del rapper, non più dedicate al solo ascoltatore affezionato, ma aperto al grande pubblico.