Rivisitazione: Negroni
Ingredienti:
- London Dry Gin
- Bitter Bianco
- Americano Bianco
- Sherry Fino
- Olio EVO
Dopo quasi due anni di tour interminabile anche il gruppo a bordo del più famoso dirigibile della storia del Rock dovette prendere un attimo per tirare fiato.
Sosta non dovuta ad una crisi artistica bensì ad un fattore meramente fisiologico; anche dinosauri dell’Hard Rock del loro calibro e carisma iniziarono ad accusare i prodromi della stanchezza e decisero di rintanarsi in un cottage gallese per rimettere in ordine le idee e creare una svolta verso i loro futuri successi.
Il lieve sollazzo ebbe gli esiti sperati: i Nostri ben presto crearono l’album-ponte che li sospinse verso un vero e proprio cambio di rotta.
L’album no. III, seguito dei due precedenti mastodontici capolavori, anch’essi intitolati con la semplice sequenza numerica di I e II, diede dimostrazione di come la premiata ditta Page-Plant potevano benissimo allontanarsi dal blues elettrico con tinte hard per volgere verso una versione più acustica e magica, evitando una qualsivoglia parvenza di calo ispirazionale.
Meno adrenalina e fervore propulsivo a favore di retaggi medievaleggianti e liriche intimiste, meno martellate senza tregua sulle pelli, più mood sognante e disteso, questo è il nuovo arsenale degli Zeps.
Tutto questo è soprattutto la seconda traccia di questo epico capolavoro:
Friends parte con dolcezza; lo stridore e il falsetto al vetriolo di Plant si smussano e adagiano sull’apertura acustica tramata da un Page sempre ispirato.
Banjo e violini per nulla intimoriti salgono sugli scudi, grassi, melodiosi si ergono verso lidi agresti; se non ci fosse il sudore che rimbalza sulle percussioni di Bonham sembrerebbe di ascoltare una atipica pastorale folk, stesa su un tessuto altrettanto bizzarro creato ad hoc dal fido J.P.Jones, che decide di inserire nel calderone anche un bordone sintetico che rimanda ad un esplicito ascetismo mediorientale.
Opulente, intenso, pieno di gusto è anche il drink studiato per questo inno alla fratellanza, gli ingredienti si prendono per mano e pompano con dannata genuinità la secchezza del Gin, il rimando esotico del Bitter Bianco, il sapore bittersweet dell’Americano Bianco ed infine lo Sherry che interviene teso su tale drammaticità con un sentore iodato che smagrisce cotanto zibaldone di spunti.
Infine l’Olio Extravergine crea l’amalgama giusta, dona untuosità ed una persistenza infinita.
Abbassate le armi e stringetevi forte, fatevi ammaliare da questa unione d’intenti.
“You got love, you ain’t lonely”

Bon vivant escapista. Commendevole fricandó di utopie. Indole appocundriaca. Loggionista alticcio.