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Georges Brassens, un De André d’Oltralpe e non solo

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Oppure dovremmo chiamare De André il Brassens del Bel Paese? Fu proprio il francese Georges Brassens infatti a ispirare al massimo la scuola genovese della canzone d’autore, di cui fece appunto parte Fabrizio De André.

Al primissimo ascolto, Georges Brassens ricorda in tutto e per tutto le melodie, la metrica e l’intonazione del nostro De André. Ma è sorprendente scoprire che in realtà l’artista d’Oltralpe nacque ben vent’anni prima del cantautore genovese! Con il tempo, Georges Brassens è poi diventato un vero e proprio maestro della canzone d’autore, acclamato in Francia e ampiamente riconosciuto a livello internazionale.

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Targa sulla casa dell’Impasse Florimont, a Parigi, dove Brassens abitò dal 1944 al 1966.
Autore: Martin Greslou
Brassens: artista anarchico, anticonformista e irriverente

Ciò che mi ha maggiormente colpito della musica di Georges Brassens è l’incredibile attualità dei suoi testi. Da “artista impegnato”, egli cantava il mondo degli emarginati e degli ultimi, prendendo posizioni dure contro le autorità, le convenzioni sociali e l’ipocrisia della società. La sua carriera iniziò negli anni ’40, ma il tipo di realtà che egli denunciava non è poi tanto diversa da quella attuale. Un motivo in più per dedicare a Brassens un ascolto molto attento.

Cresciuto da un padre ateo e anti-clericale, Georges Brassens sempre si dichiarò agnostico e simpatizzante degli ideali anarchici. Durante la seconda guerra mondiale pubblicò le sue prime raccolte poetiche, già cariche di una vena satirica e anticonformista.

In tutta l’opera di Georges Brassens ritroviamo una marcata opposizione contro le figure del poliziotto e del giudice, simboli di giustizia spesso corrotti e contraddittori. Emblematico è il famoso brano Hécatombe, in cui Brassens si immagina fare il tifo per le “massaie gendarmicide” che si battono al mercato contro degli agenti di polizia. 

In seguito Brassens iniziò a scrivere alcune delle sue più grandi canzoni, tra cui Le gorille, molto nota nella versione italiana pubblicata vent’anni dopo da Fabrizio De André, grande ascoltatore di Brassens. Restandone colpito, iniziò a tradurre e adattare in italiano molti suoi celebri brani, come appunto Il Gorilla o Le Passanti. Brassens, la cui madre era italiana, addirittura si complimentò con De André per le traduzioni così accurate.

Alla luce dei fatti, si può quindi chiaramente definire De André come il Georges Brassens del Bel Paese, e non il contrario!

Censurata su tutti i fronti, in Le Gorille, Brassens si fa beffe di un magistrato “vittima” di un gorilla, il quale decide di accoppiarsi col magistrato stesso scambiandolo per una scimmia. Il gorilla diventa nel brano una metafora di vendetta contro la pena di morte che il magistrato sostiene e a cui Brassens pesantemente si oppone:

Dirò soltanto che sul più bello dello spiacevole e cupo dramma
Piangeva il giudice come un vitello, negli intervalli gridava mamma
Gridava mamma come quel tale cui il giorno prima come ad un pollo
Con una sentenza un po’ originale aveva fatto tagliare il collo
Brassens, il poeta degli ultimi

Oltre a denunciare l’ipocrisia sociale e l’abuso di potere, nei suoi testi Brassens ha sempre avuto un occhio di riguardo per gli emarginati, come nel caso de La mauvaise réputation, che dà nome al suo primo album del 1952.

La vittima in questo caso è un uomo che, senza apparente motivo, gode di una cattiva reputazione in società. Non si sa cosa abbia fatto di male, eppure è mal visto da tutti.

Quante volte si mettono in giro, per pura cattiveria, voci del tutto infondate su persone innocenti? La mauvaise réputation, brano attualissimo, denuncia proprio situazioni di questo tipo, con un testo sofferto e rassegnato. Il petit bonhomme discriminato, magari, è soltanto una persona di umili origini o, per qualche motivo, diversa dagli altri e perciò non accettata:

Ma alla gente perbene non piace
che si segua altra strada che la loro,
No, alla gente perbene non piace
Che si segua altra strada che la loro.
Tutti verranno a vedermi impiccato,
Tranne i ciechi, naturalmente.

Come altri brani di Brassens, La mauvaise réputation conobbe molteplici riadattamenti, come la versione spagnola di Paco Ibáñez, La mala reputación, reinterpretata da Brassens stesso. Nel 2008, anche il gruppo toscano Bandabardò pubblicò all’interno dell’album “Ottavio” una loro versione de “La Mauvaise réputation”.

Brassens, il “maestro”

Fino al 1981, anno della sua morte, Georges Brassens conobbe un enorme successo che non si limitò alla sola Francia. Oltre ai già citati De André, Ibáñez e Bandabardò, molti altri artisti francesi e internazionali si sono ispirati al maestro Brassens. In Italia, diverse sue canzoni furono tradotte in dialetto piemontese, veneto o anche milanese, come nel caso di Nanni Svampa che pubblicò ben quattro album dedicati a Brassens.

Ancora oggi Georges Brassens è ricordato come uno dei più importanti simboli della musica e cultura francese. A Parigi, dove il cantante visse per molti anni, sono oggi presenti una fermata della linea 3 del tram e un parco a lui dedicato, non lontani dal quartiere da lui abitato. Un piccolo angolo di pace nel caos della Ville Lumière che merita una visita insolita e un omaggio al maestro.

Come se non bastasse, addirittura un asteroide scoperto nel 1984 porta il nome di Brassens, così come un premio di poesia istituito nel 2009 dal Festival di poesia civile di Vercelli.

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Parc Georges Brassens, nel XV arrondissement di Parigi.
Autore: Ralf Treinen

L’apporto di Georges Brassens e di altri grandi chansonniers è stato quindi fondamentale per De André e per tutto il movimento della scuola genovese, e non solo. Le tematiche trattate nonché l’approccio stilistico si sono spesso ricollegati all’esistenzialismo francese e agli ideali promossi da Brassens, rivoluzionando così la musica tradizionale italiana.

In definitiva, a quarant’anni dalla sua scomparsa, Georges Brassens resta senza dubbio un pilastro della musica francese, oltre a essere un celebre “cugino d’Oltralpe” di cui andare assolutamente fieri!

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