Il secondo disco è sempre il più difficile, perché vuole la conferma di quanto già mostrato, la dimostrazione che la sorpresa dell’esordio non è stato qualcosa di casuale. Germanò e il suo Piramidi, uscito la scorsa settimana per Bomba Dischi, hanno tutta l’aria di questa conferma. Anzi, il cantautore romano torna con un prodotto che alza anche l’asticella rispetto al precedente Per cercare il ritmo, portandoci in luoghi diversi da quelli descritti in quel disco d’esordio.
Al primo ascolto la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un concept, in cui Germanò cerca di indagare e descrivere i lati più malinconici della vita, quelli che lasciano a metà fra la lacrima commossa e il sorriso amaro.
Se dovessi poi sentirmi un po’ giù di morale, promettimi che almeno qualche volta ti potrò chiamare
Il sentimento di chi non si arrende al tempo, di chi non vuole che tutto cada inevitabilmente nel dimenticatoio, pervade tutto Piramidi di Germanò, che non riesce mai a lasciarsi andare alla piena felicità o alla totale tristezza.
A testi scritti con una delicatezza fuori dal comune corrispondono arrangiamenti misurati, altrettanto morbidi, in cui ogni suono è dosato e ponderato. Lo stesso Germanò ha ammesso sui suoi profili social di aver prodotto e pensato questo lavoro nell’intimo della propria casa, riuscendo a creare un disco che è molto personale, con le sue atmosfere ovattate e i bassi dolci, a volte avvolgenti, quasi si percepisse lo spazio privato in cui questo lavoro è nato.
Lo stile
Per la scrittura e gli arrangiamenti, sembra di trovarsi a metà fra i Tiromancino e il Giorgio Poi di Fa niente. Un disco totalmente calato nel nostro cantautorato (più o meno pop), ma non per questo relegato – o relegabile – al solo contesto italiano, pensando a tracce come Stasera esco o Macao, che coi loro suoni quasi elettronici ci riportano in una dimensione internazionale.
Forse in quest’ottica è proprio Macao il pezzo più sorprendente. Un loop costruito ad arte in cui la nostra mente si perde in quei quasi due minuti nella voce della ragazza protagonista (forse) involontaria di un pezzo (quasi) sperimentale, decisamente singolare nel bagaglio dell’autore romano.
Una menzione d’onore va a Gluten Free, brano da cui è estratta la citazione riportata sopra. Non so se è il pezzo meglio riuscito del disco, ma di certo è stato quello che ha attirato la mia attenzione da subito, in cui si può ritrovare un po’ tutto lo spirito di questo disco, scritto e suonato bene, in cui si sente tutto ciò che è Germanò in quanto artista e in quanto autore.
Un lavoro che convince
Germanò e il suo Piramidi sono allora il segno che l’artista di Bomba Dischi è cresciuto tanto dal suo esordio del 2017. Forse con questo lavoro il cantautore romano trova la sua cifra più personale e intima, in cui riesce a esprimere al meglio le sue peculiarità.
La curiosità più grande sarà ora poterlo ascoltare dal vivo. Ci troviamo comunque di fronte a un disco che, differentemente dal precedente – e per stessa ammissione di Germanò – è molto più denso di campionature ed elementi di elettronica.
https://open.spotify.com/album/53sEevyzPYg4a04hbJVsj6