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Gli uomini hanno fame di bellezza: Andrea Laszlo De Simone la crea

Gli uomini hanno fame, ma la divulgazione è una cosa seria. Dunque miei cari addetti ai lavori, selezionate, per favore.

Fare musica è un atto parsimonioso e in questo risiede la rivoluzione, dove parsimonia fa rima con selezione.

In quest’orgia sonora dove tutti sembrano amare e contemplare la musica in ogni sua estensione più, e soprattutto, meno pudica, gli artisti subiscono le intemperie dei giudizi senza poterli fermare, se non ignorandoli.

Allora vi chiedo di ignorare anche questo, perché quello che sto per scrivere non è importante, non è alcuna novità.

Bypassate pure, voltate pagina.

D’altronde dovreste sapere già da voi che il soggetto di questo piccolo scritto è l’unico vero fenomeno in grado di far uscire dallo stallo della banalità la musica italiana. Andrea de Simone, ovviamente, non vedo chi altro possa farlo.

laszlo

Dato che questo lo sapete già, è inutile anche parlarne.

Non piacciono a nessuno le persone che rimarcano cose di cui già siamo consapevoli, che argomentano vomitando fiumi di certezze con aria di saccenteria, dove quest’ultima macchia la bellezza dell’erudizione e la rende frivola.
Ho deciso per questo di appellarmi d’ora in avanti ad una sola variabile per stabilire il grado di bellezza nella musica: il silenzio.

E ho deciso di mostrarvi la bellezza di questo ragazzo, di nome Andrea e di fatto Laszlo, non parlandovene. Non descrivendo ciò che fa e ciò che ha fatto, né romanzandolo. Ma affidando solo e solo a voi un compito, affinché possiate costruire voi stessi, bellezza nell’esatto momento in cui la notate.

Dunque voi, che partecipate veementi all’orgia sonora di cui sopra, trovate quel brano che vi lasci in completo silenzio per tutta la sua durata. Trovate quella melodia che non vi faccia vivere il silenzio come imbarazzante. Trovatela e parlatene.

Io, ad esempio, non ho trovato nessun brano. Ho trovato un intero artista che sa far vivere l’atto di fruizione della sua musica come un vero e proprio amplesso. Si parla spesso e metaforicamente di “orgasmo” quando un brano è proprio riuscito e probabilmente i suoi feedback saranno davvero alti.
Parliamoci chiaro, però: chi è che davvero ha provato un orgasmo ascoltando una canzone? Forse sono solo invidiosa, ma credo proprio nessuno.

Qui, oggi, hic et nunc, mi devo prendere la briga di parlarvi di realtà.

E quindi bando alle metafore, bando agli orgasmi immaginari, spegnete lo schermo e chiudete questo articolo, non abbiate la cura di leggerlo fino alla fine.

Correte a fare l’amore.

Andate a provare davvero questo benedetto orgasmo.

Sì, ma fatelo ascoltando tutta l’immensità racchiusa nella suite di Laszlo.

Vi auguro di farlo nella maniera più passionale possibile perché l’orgia sonora di cui vi parlo dura ben venticinque minuti. C’è tempo, e con questo EP in sottofondo smetterete di contare i minuti, smetterete di preoccuparvi se state andando bene o state andando male, se dura troppo o troppo poco. Chi siamo noi per giudicare il bene o il male di un atto d’amore passionale?

Non siamo nessuno, ma possiamo diventare immensità nel momento stesso in cui viviamo ogni sensazione immensamente. Proprio come è successo a me che, un giorno, ammaliata da questa persona, ho avvertito il forte desiderio di stilare millemila motivazioni per cui Andrea Laszlo de Simone non ha nulla a che fare con la banalità, quando improvvisamente mi sono ammutolita di fronte all’ovvietà del fatto. Trovando così, proprio in lui, senza neanche rendermene conto, la spiegazione di tutto questo: della predilezione del silenzio di fronte alla logicità e all’immensità.

Così ritengo piacevolmente doveroso spiegare la negazione del mio stesso compito e il perché abbia scelto di affidare a voi il compito di creare bellezza vivendola, senza parafrasare né descrivere, prendendo in prestito quelle poche parole presenti proprio (scusate il tautogramma) nell’EP di Laszlo che vi consiglio:

Tutta la volontà
d’un tratto se ne va
di fronte all’ovvietà:

tutto questo è immensità.

Non vi auguro buon ascolto, come non vi auguro di fare bene l’amore.

Vi auguro solo di poter far vostra l’immensità di questa bellezza.

 

 

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