Grazie a Radio RoMarti abbiamo modo di parlare continuamente con numerosi professionisti del mondo della musica, che siano musicisti, gestori di locali o addetti ai lavori di qualunque tipo.
Uno di questi amici è I Am Your Friend, al secolo Pascal Dadamo, salentino di base, a Torino ormai da diversi anni, luogo in cui scoppia l’amore fra il Nostro e la musica elettronica, alla quale si approccia dopo diversi anni passati con la chitarra in mano. Ci siamo trovati allora con I Am Your Friend, musicista e producer, per parlare di musica, quarantena e progetti per il futuro.
Come si sposa il tuo lavoro di Grafico e Colour & Trim Designer in FCA con la tua musica?
Sono due mondi molto vicini dal mio punto di vista. Anche se considero i Designer più come tecnici che come artisti, il lavoro di grafico ha molti spunti artistici e creativi in comune con quello di musicista. In più, la passione per la grafica mi permette di autogestire tutto quello che riguarda il mio personaggio musicale, dalle copertine dei social a quelle dei dischi, dalla fotografia da scegliere alle grafiche, tutti aspetti molto importanti nell’industria musicale di oggi.
Chi sta lavorando meglio in tal senso, secondo te?
In Italia per me il punto di riferimento è Mecna, tanto nella musica quanto nella cura dell’immagine, visto che anche lui è grafico. Nel mondo direi Tycho, anche lui tanto per il suo lavoro di musicista, quanto per quello di grafico.
Come hai vissuto la Quarantena?
All’inizio bene. Vivendo da tempo da solo a Torino ho imparato a bastarmi, a vivere bene con me stesso; sono una persona che ama stare a casa ma, col proseguire di questa situazione, ho cominciato, come tutti, a manifestare certe mancanze, dall’uscita con gli amici ai rapporti coi familiari, tant’è che ogni scusa era buona per uscire…
Quindi non sei fra quei personaggi che sono stati colti dalla sindrome della Capanna?
No, anzi. Sinceramente non vedo l’ora che tutto torni davvero alla normalità, anche per aver modo di poter andare a Londra per andare a trovare quella che penso sia la donna della mia vita e che mi ha dato la spinta per tornare a fare musica.
C’è un’idea abbastanza stereotipata riguardo alla produzione di musica, soprattutto per ciò che concerne la canzone classica. Come funziona, invece, il processo creativo nell’elettronica in generale e per te in particolare?
Essendo un autodidatta, non ho una grande preparazione teorica, quindi non lavoro mai con un progetto scritto. Magari mi sveglio con una melodia in testa e mi metto davanti al computer con Ableton e le tastiere Midi, creando loop che possono durare anche solo cinque secondi, studiandoli tutto il giorno per capire cosa farci. Poi puoi essere ispirato e in cinque minuti esce il pezzo, o ci possono essere casi di suoni che hanno bisogno di un processo più lungo, di metterli da parte e recuperarli in seguito. Mi piace anche “rubare” qualche suono da artisti che amo, per crearci il mio di suono: ad esempio Tycho, Gold Panda e Odesza sono nomi che influenzano molto il lavoro di I Am Your Friend, ma c’è molto che viene anche dal chillwave e synthwave, fino all’ambient e al post rock, tipo Sigur Rós, Hammock o M83. In generale mi piace e tendo verso musica che ti fa viaggiare, non necessariamente condita di parole…
È l’impressione che ho avuto ascoltando uno dei tuoi lavori, LOTUS FLOWER, che effettivamente sembra avere un suono molto avvolgente…
Sì, anche perché è un lavoro molto introspettivo, che viene da un momento duro della mia vita. Per molto tempo ho sofferto di attacchi di panico e crisi d’ansia, che mi generavano diversi problemi. Poi ho scoperto le filosofie orientali, che mi hanno aiutato a cogliere le mie debolezze come parti del mio essere, e punti da cui ripartire più forte. Per questo il titolo LOTUS FLOWER, per questo sette tracce, come il numero dei Chakra. Un malessere che è rinato come qualcosa di positivo.
E quindi cosa ne pensi degli artisti che sempre più spesso fanno ‘coming out’ parlando dei loro problemi di ansia e depressione, rendendoli quasi cavalli di battaglia della loro musica?
Secondo me non esiste artista che non prenda sul serio il proprio lavoro che non abbia problemi con sé stesso. Penso sempre a Tenco, che gli si chiedeva perché scrivesse solo roba triste e rispondeva sempre: “Perché quando sono felice esco”. Per me l’arte e la musica sono un po’ così: l’espressione di quel lato oscuro delle persone che non riesce ad uscire in nessun’altra maniera. Io sono convinto che dalle difficoltà possano nascere le cose più belle.
E il tuo ultimo lavoro, Spettri, è quel tipo di prodotto?
Sì, anche Spettri nasce in un periodo un po’ difficile, in cui ho messo in discussione la mia persona. È stata una ricerca della mia identità, fra la vita personale e la musica, una sorta di nuova crescita musicale fra l’elettronica e l’ambient, in cui ho lavorato molto sulla chitarra e sul suono della chitarra, il mio primo amore musicale. La cosa bella è che è nata tutta in casa, di getto: suonata, registrata e inviata all’etichetta di quel periodo, Fame Dischi. Un po’ mi dispiace sia passato tanto tempo dall’ultima uscita, ma per fortuna in quarantena mi sono riorganizzato e sono pronto a ripartire.
Quando la sganci la bomba?
Non voglio dire date, ma ci stiamo lavorando. Qualcosa è già registrato, su altro lavoro, però vediamo cosa succede. Certamente a qualche singolo seguirà un lavoro più importante, più corposo, con l’obiettivo di fare una cosa strutturata, magari in uno studio in Salento…
Una curiosità: non hai mai messo per iscritto la tua musica?
No, perché non ho la preparazione teorica per farlo, e poi mi interessa molto di più lavorare a sensazione. Faccio a orecchio, soprattutto con la chitarra, visto che la suono da tredici anni. Però conosco una scala, so come si compone e come deve suonare, e magari, proprio sulla base di questo, mi piace giocare con le dissonanze, coi suoni che possono lasciare un po’ ‘infastiditi’.
Parlando di dissonanze, ultimamente si è parlato molto di Auto Blu di Shiva, che sembra giocare coi concetti di cui tu parli. Tu cosa ne pensi?
Secondo me è una dissonanza cercata, altrimenti sarebbe un errore troppo grande. Pensa al modo in cui gioca con l’autotune su quel brano e capirai cosa intendo. Poi certo, il pezzo può piacere come no, ma sta di fatto che è stato un tentativo molto audace. C’è bisogno di esempi così freschi secondo me: prendi Tha Supreme, che è il re indiscusso in questo momento, con un flow tutto suo e uno stile totalmente diverso dal resto della scena. Sta portando l’Italia fuori dall’Italia. Nemmeno in America c’è qualcosa del genere.
E com’è oggi il tuo rapporto con la trap?
Inizialmente la snobbavo, un po’ per partito preso, visto che ciò che rientra nel mainstream non sempre mi cattura. Poi, come spesso mi capita di fare, riascolto le cose anche a distanza di tempo, e cose come la Dark Polo Gang, che ho sempre considerato poco, hanno cominciato a divertirmi nel loro essere così “esuberanti”: trovo la loro spacconeria simpatica, addirittura qualche pezzo mi gasa.
Mi ci ritrovo un po’, visto che a me è successo lo stesso con l’ultimo di Sfera, Rockstar.
Anche a me il disco e il personaggio col tempo sono piaciuti sempre di più, anche grazie a X Factor, che ne ha mostrato il lato più umano e simpatico, non solo l’artista che macina grandi numeri. Un po’ come mi è successo con Fedez, che ho rivalutato prima a livello umano e poi artistico, visto che anche lui ha passato un periodo abbastanza nero; sono quelle cose che ti fanno avvicinare tantissimo agli artisti e te li fanno sentire molto più umani rispetto a quello che in realtà non sembrerebbero.
E di Persona di Marracash cosa ne pensi?
Trovo geniale il concept dietro l’album, perché ha portato Marra molto più vicino ai suoi fan, trattando temi che sono di tutti, non il solito disco rap. È stata una sorpresa visto che personaggio è lui, e sinceramente mi sarei aspettato un disco di quel tipo più da Mecna o Ghemon, essendo loro molto introspettivi. È un disco avvolgente, è qualcosa che puoi ascoltare in macchina o in cuffia e ti dà sempre la stessa sensazione.
Grazie Pascal!
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