Adesso vi racconto di qualche sera fa.
Giornata per niente epocale, insulsa e ordinaria da far schifo. Non degna di essere raccontata se non fosse stato per un giovanotto irlandese che invece di vomitare il proprio malessere come alcuni suoi conterranei ha deciso di chiudersi nella sua stanzetta e viaggiare.
JarJarjr, un nome che è un balbettio di lettere e spazi. Un fancazzista che si sollazza guardando anime dal Giappone mentre sgranocchia beat hip-hop americano.
Uno che mi ha cambiato la serata con poco.
Questo articolo non è una recensione ragionata, nemmeno una monografia e men che meno ha la presunzione di fungere da approfondimento; per certi versi è un’esperienza audio-visiva.
J Dilla changed my life
È una sera come tante altre, in cui non si ha un cazzo da fare e manco la spinta ad inventarsi nulla per rimediare. Si levano le scarpe, si stappa una birra, il computer è già sul divano. You Tube? Bella idea! Si prendono le cuffie, si spegne il cervello.
La tastiera del pc non ha nemmeno la retroilluminazione e io sono sempre stato una schiappa a scrivere quindi mi affido ad un mix consigliato da qualche algoritmo “cucitomi” addosso.
Qualche giorno fa avevo ripreso, come faccio ciclicamente dalla sua uscita nel 2006, l’epocale album Donuts dell’indimenticato J Dilla e per qualche strana associazione dettata dall’intelligenza artificiale sento il Maestro Oogway dire queste parole: “You just need to believe. You must believe”.
L’attrazione si fa gravitazionale, vado a leggere chi è l’artista. Il tale si chiama JarJarjr e mischia con naturale scazzo Kung Fu Panda e Nas (sempre splendida It Ain’t Hard to Tell), farcito da qualche sample oscuro. Dico tra me e me: This is my kinda of shit, dawg!
JarJarjr changed my night
Sarà l’atarassia epicurea trasmessa da quella semplice frase ma ogni turbamento si scansa repentino. Mi sento in totale chill mood che non posso rimanere sobrio. Voglio affogare beato in questo suono. Stappo la birra, che sapientemente avevo lasciato al mio fianco in un cestello di ghiaccio. Sapevo che una volta appoggiate le terga queste non avrebbero permesso a niente e nessuno di farsi scarrozzare in giro per casa.
Sono alla deriva, mi lascio cullare dalle movenze bittersweet di questo suono dolce. E pensare che manco le scorie di uno strumento suonato fanno capolino.
Il cervello sembrava in pappa e invece mi ritrovo nella condizione magica di pensare, di fantasticare. Che bello mettersi a cavalcioni sui bordi di un sogno e godersi una notte eterna, senza futuro alcuno.
Qualche sbadiglio mi spinge a guardare l’orario, è tardi e domani si lavora, sono passate sei ore e non me ne sono praticamente accorto.
Il piacevole sollucchero di oziare fino a notte fonda mi sollecita ma decido di alzarmi. Sembro un’ameba che si allunga e ritrae mollemente, scorro alcuni dei brani ascoltati in loop e scelgo questo.
Degna chiusura JarJarjr.
Qui sotto il suo ultimo mini-album.

Bon vivant escapista. Commendevole fricandó di utopie. Indole appocundriaca. Loggionista alticcio.