Nella notte dell’8 maggio sono tornati i Fast Animals and Slow Kids con Come Conchiglie, ballad intima e introspettiva nata in questa strana situazione.
Personalmente, l’arrivo di qualcosa che viene dalle menti dei ragazzi di Perugia viene sempre accolto con grande entusiasmo. E con Come Conchiglie, i Fast Animals and Slow Kids mi hanno ancora una volta colpito allo stomaco. Ho sempre ammirato la loro capacità di descrivere le molteplici sfaccettature dell’animo umano, fra le più intime paure e gli urli troppo spesso trattenuti che riescono a prendere corpo nella loro musica, voce di un pubblico che sotto al palco arriva allo sfogo e, quasi, alla catarsi.
Il ritorno
Come Conchiglie dei Fast Animals and Slow Kids è di nuovo tutto questo. Esce tutto dell’animo Fask: la necessità di esprimersi, la voglia di urlare anche se nessuno sente, anche se quel grido potrebbe non cambiar nulla.
È un pezzo in cui la voglia di suonare, di arrivare al pubblico straripa, nonostante i toni pacati, intimi, che sembrano avvolgere totalmente l’ascoltatore. È il bisogno di far musica come è sempre stata vissuta dai Fast Animals and Slow Kids. Come Conchiglie arriva in un momento in cui sembra finalmente arrivare un po’ di luce, da una band che si è presa il suo tempo, nel fermento continuo di dirette e contenuti social.
Incertezza
La band umbra si propone allora con dei grandi interrogativi: cosa cambierà quando tutto finirà? Ci sarà qualcuno che avrà voglia di ascoltare di nuovo, da capo?
Qualcuno cantava sai che è facile odiare il terremoto, il difficile è costruire: il timore di quello che i nostri giorni potrebbero cambiare, una realtà in cui il pubblico non avrà più – forse – il tempo o la voglia di concentrarsi su un prodotto artistico che sta perdendo ogni giorno il suo spazio.
Ecco allora cosa succede, e cosa fare. Interrogarsi sullo statuto dell’arte, della musica, della persona dietro la musica.
La struttura
Appare una scrittura tutta piegata su di sé. Nella voce di Aimone in Come Conchiglie dei Fast Animals and Slow Kids esce tutta la fragilità di un artista che ha voce, ma teme di non avere più orecchie a cui rivolgersi. E così, quasi a non volerle spaventare, via la batteria: Alessandro costruisce un’atmosfera di arpeggi molto simili a quelli di Demoni per portarci in un mondo nuovo, in cui esce fuori tutta la nostalgia di una band che ha bisogno di tornare nella calca del live.
Ci sarà ancora qualcuno all’ascolto, che si dimentichi di tutto questo?
Non te lo prometto, perché adesso è ancora presto
I Fast Animals and Slow Kids appaiono esausti in Come Conchiglie, consumati dal bisogno di tornare a vivere nella calca del live, con un tour praticamente soppresso e sommerso nell’incertezza, consapevoli che le circostanze sono ancora oscure.
Sono gli artisti che si mettono a nudo, mettendo in mostra tutte le difficoltà che, da esseri umani, hanno tormentato i loro animi.
Ne esce un brano unico, una considerazione a metà fra arte e vita, che riporta alla memoria pezzi del repertorio Fask che, come questo, spezzano il racconto di interi dischi per renderli ancor più singolari – vedi, ad esempio, Il vincente in Alaska.
Nessuno di noi sa come sarà, per davvero, il mondo là fuori. Tutti noi appassionati di musica sogniamo un ritorno immediato ai club, agli stadi, ai teatri, per cantare coi nostri artisti preferiti, per sentir vibrare nelle ossa quelle casse. Ma per ora possiamo solo aspettare, immaginare, pensare al mondo dopo.
Grazie Fregis.
Intanto, Come Conchiglie dei Fast Animals and Slow Kids ci scalda, sperando in un ritorno alla normalità, molto presto.