Sveglia alle 4 del mattino, starsene ancora un po’ distesi sul letto avrebbe di certo giovato, ma il viaggio “aspetta”.
Chi è abituato a compiere la traversata dall’algido Settentrione verso il remoto Mezzogiorno, sa bene quanto lo svegliarsi presto possa rivelarsi determinante. Bisogna giocare d’anticipo rispetto ai pigri autisti che posticipano in maniera malavveduta la sveglia sul proprio comodino.
I primi bagliori destano all’unisono un’orda di gente che in maniera repentina si accinge a riversarsi sulle autostrade che, da lì a poco, diventeranno ricolme di scatolette colorate che arrancano su quello stuolo di bitume rovente.
Bisogna far presto! Alzarsi, vestirsi velocemente (grazie al cambio preparato la sera prima), lavarsi i denti, chiudere il beauty e ficcarlo nel trolley che si chiude appena. Bere un caffè, scendere le scale e accingersi a salire in macchina.
Immancabilmente, non appena si stipa il tutto a fatica nel baule, ci si ricorda del caricabatteria dimenticato vicino al letto! Dopo uno sbuffo svogliato, quindi, si sale nuovamente in appartamento, si prende quell’indispensabile cavetto e scendendo i gradini si pensa fra sé e sé come sia possibile che solo pochi minuti prima si era comodamente sdraiati a letto con il caffè caldo pronto sul comodino; ma va bene così, tanto sarà solo il primo dei mille che verranno!
La cintura è tesa, la mano sulla coscia della propria compagna seduta a fianco, che prontamente e amorevolmente la scaccia dicendo che bisogna partire: “Il viaggio è lungo”. Il navigatore è impostato, un’occhiata veloce va ai finestrini: questo è un aspetto che spesso si ignora, ma oggi la macchina è talmente stipata che nemmeno uno spiraglio trapassa quell’immane mole di roba lì dietro, quindi è sempre meglio sincerarsi della precaria visibilità.
Seduto dietro al padre si trova il figlio più grande che oramai ha superato gli enta e che si sente un po’ troppo “fuori tempo massimo”, ma ha accettato seppur con qualche riserva questa trovata del padre di ritrovarsi con tutta la famiglia per un’improvvisata vacanza.
Il secondogenito due posti più in là, di qualche anno più piccolo, invece ha accettato di buon grado la faccenda, e seppur un po’ ammonticchiato in quell’angusta retro vettura non vede l’ora di far parte di questa spedizione.
Infine in centro, in maniera un po’ precaria vi è il terzo “incomodo”, unico figlio della seconda moglie del padre, sedutagli accanto. La dura legge del più piccolo non ammette sconti, lui deve soffrire in centro!
Dopo pochi chilometri il padre, dall’alto di un’esperienza maturata lungo decenni di carovanate verso sud, si accinge ad impostare Isoradio per rimanere sempre aggiornato sul bollettino del traffico. Rinfrancato dall’assenza di intoppi nell’imminente prosieguo del viaggio, adagia il capo sul poggiatesta e prende a fischiettare un motivetto diffuso dagli altoparlanti.
È una canzone un po’ obliqua, policroma ma rassicurante; il suono emesso dalle labbra viene accompagnato da un lieve tamburellare del piede sinistro, tenuto riposante dall’inutile frizione.
La compagna a lato, contenta di vedere il suo uomo felice, incalza con un’altra stramberia di quegli anni, prende il cellulare e imposta un altro pezzo niente male proposto dall’allora etichetta italiana Ultima Spiaggia, vera chicca per gli appassionati di musica borderline.
Quando il ragazzo al centro seppe il nome del cantante esclama subito: “Ma non dirmi che è lo stesso che oggi si rende ridicolo in tv?”
La mamma ribatte prontamente, vergognandosi come se fosse lei la patetica in questione: “Ebbene sì, è proprio lui, ma non giudicarlo troppo oggi, in passato era un’artista veramente alternativo e al pari del primo cantante che tanto amava tuo padre, aveva una presenza scenica esagerata.”
Gli altri due figli ai lati intanto sono assorti nell’ascoltare altra musica in cuffia, entrambi si discostano immediatamente da quel mesto revival e decidono di infilare gli auricolari in segno di pacifica rivolta.
Il più grande infatti, figlio della sua esperienza e degli studi in Inghilterra, aveva subito mutato i propri interessi verso quel filone new-wave, acid-house, alternative che non aveva mai vissuto in prima persona ma che apprezzava incondizionatamente; quella sottocultura sguaiata e bastarda dei festaioli ad oltranza era diventato il suo credo durante la permanenza in terra d’Albione.
Al lato opposto invece il fratello minore, curioso per natura, si abbandonava a quel sound lascivo, arty e smaccatamente pop del nascente Brit, che per certi aspetti sbucava dai meandri lerci del greve inno alla sballo mancuniano, pulendone un po’ la fedina penale e donandogli quindi un aspetto più sobrio.
Il fratellastro, come per gesto di stizza, ruba una cuffia per lato e si inietta in testa quello strano, ma godibile mischione danzereccio pensando a quanto tutto ciò potesse ricondursi ad uno degli album recentemente ascoltati.
Il padre stazionato sulla corsia centrale, finendo di ascoltare le ultime notizie politiche e lamentandosi di come tutto andasse allo scatafascio, al contempo pensava a come le nuove generazioni guardassero sempre più fuori dallo stivale invece di riscoprire “quanto noi italioti fossimo precursori”.
“L’italo dance rapiva cuori, braccia e gambe di noialtri, entravamo spavaldi in pista, con sigaretta molto cinematografica a mezzo bocca e tentavamo di fare occhiatine ammiccanti alle giovani prede. Quelli erano bei tempi! Niente cariche anfetaminiche a fare da traino, nessuna musica con voci drogate bensì suadenti; ci avvicinavamo con fare felino alle dolci donzelle e se andava male ci si beccava uno schiaffo per poi risaltare in pista.”
“Chissà quante onte ti beccasti pà”, esclama il secondogenito.
“Ma che onte ed umiliazioni, io ero un latin lover, mica come voi giovani che se non trangugiate litri e litri di alcol manco vi fate sotto”.
“Ah sì? Latin lover eh?”
“Ehm?? Cara…”
“Eri un farabutto, però sei tutt’ora un gran ballerino, questo bisogna ammetterlo, quindi non voglio immaginare allora con qualche chilo in meno e qualche capello in più!”
In concomitanza a questo piccolo e allegro siparietto, il figlio più grande si leva le scarpe e appese due dita fuori dal finestrino rimane imbrigliato nella musica d’oltremanica di un guitto che rabberciava apparentemente alla bell’e meglio funky, jazz, sincope drum’n’bass e cadenze dub.
L’autostrada si apre a quattro corsie, oramai siamo in piena Emilia, il padre alla guida vede le corsie ripopolarsi di macchine dirette verso la vicina Romagna e già pregusta una prima sosta per il secondo caffè della giornata.
Alla radio passa una mini intervista ad un cantante che raccoglie le congratulazioni per l’ennesimo tormentone estivo ed un intervento esterno ricorda come costui abbia fatto parte di quell’accolita “scena” italiana che proprio a metà novanta proponeva un sound espanso, nevrotico eppure ammaliante con echi ska e ritmiche breakbeat, debitore di quel suono bristoliano che tanto furoreggiava alle porte dei duemila.
Il padre prese a decelerare, mise la freccia a destra e puntò l’Autogrill nelle vicinanze.
A mia discolpa:
Ho voluto creare uno zibaldone di rumori, suoni, immagini, scenette familiari, ritornelli imparati a memoria, canzoni obsolete fischiettate, nuove hit e rimescolate rapsodicamente da quattro gusti musicali, quattro vissuti storici diversi, pur facendo parte dello stesso nucleo familiare.
Nel procedere con la scrittura mi sono accorto che involontariamente si stava ergendo una sorta di ponte tra Inghilterra e Italia, pertanto ho deciso di calcare la mano e dare una parvenza di consequenzialità a prima vista adunque strampalata.
Pertanto non abbiate timore di trovare forzatamente dei collegamenti, qui utilizzo l’espediente narrativo di cinque persone chiuse in un abitacolo per affrontare un viaggio che molti sono in procinto di fare in questo mese di Agosto e mischiare le carte.
Il fante devoto ai polizzioteschi, il cavallo pazzo della Madchester primi anni ‘90, la regina ammaliata dall’easy listeaning più soffuso, il re assorto in ascolti italiani astrusi e l’asso pigliatutto dell’Italo disco a fare il bello e il cattivo tempo.
Infine godetevi la playlist integrale di tutti i brani ascoltati da questa bella famigliola.

Bon vivant escapista. Commendevole fricandó di utopie. Indole appocundriaca. Loggionista alticcio.