Siamo giunti alla terza ed ultima tappa della Traversata Italiana verso sud. Ultimo step: Roma – Napoli.
Con un doppio passo alla Ronaldo “O Fenômeno”, siamo di ritorno nel vecchio continente, e con la stessa movenza felina, il padre si districa tra le melanzane a funghetti del bottegaio sotto casa, la scapece della moglie ed un triplete di formaggi sul tavolo.
Di soppiatto il figlio più giovane riesce a rubare l’ultima, la più ambita, fetta di salame e con un tap-in vincente riesce a vincere la gara con il “vecchio”.
Questo intermezzo godereccio, da maschio alfa, non è un pretesto per esibire un mero glossario calcistico ma è dovuto al fatto che immancabilmente, a tavola, l’unico discorso che può creare conversazione tra i nostri protagonisti è lo sport o meglio l’astio che nasce quando si discute tra fazioni diverse.
Estate vuol dire perciò anche sessione di mercato e quindi via a sciorinare gli affari, gli intrighi e soprattutto le beffe alla squadra rivale.
Dopo un’accesa discussione su chi poteva essere il marcatore su cui puntare al fantacalcio, la radio prende a suonare una canzoncina niente male, perfettamente adatta a quel momento di siesta.
“Ah il vecchio Paco” esclama il padre.
“El Mejor” aggiunge inaspettatamente il secondo figlio.
“Ma davvero lo conosci?” risponde il padre, d’improvviso dimenticandosi di tunnel, tabellini, bandiere di ieri che non ci sono più, cambiando in maniera repentina discorso.
“Un grande! Addirittura lo sentii una volta live in uno dei suoi ultimi concerti, qui in Italia”.
“E invece te come diavolo conosci questo virtuoso del flamenco andaluso” riprende il padre.
“Come ben sai, rimasi estasiato dall’esperienza di erasmus a Granada e da allora ci sono tornato più volte” dice il figlio.
“I ritmi rilassati, un clima idilliaco, l’architettura moresca, il fascino del solera y criaderas che porta alla nascita del fin troppo snobbato Sherry mi hanno spinto a ritornarci più e più volte per addentrarmi sempre di più in quel fantastico triangolo di terra. Da lì al flamenco il passo fu breve, in tutte le bodegas, in tutti i festival locali si poteva captare quel suono così ben custodito che nel corso degli anni il Nostro decise di fondere con il jazz più avant, il classicismo catalano e ritmi brasileri. Un compendio unico”.
“Dai ragazzi è ora di ripartire” si intromette il sesso in netta minoranza.
“Avevamo promesso alla nonnina di essere là per il caffè del dopo-pranzo” rincara la donna.
“Conoscendola avrà anche già preparato la moka da stamane” soggiunge il figlio più piccolo.
Decisa a ripartire la compagna riesce ad averla vinta e prendendo le redini della radio inserisce una chiavetta recuperata tra le mille cianfrusaglie nella borsa che solo una donna può ritenere indispensabili.
Canta la voce di una graziosa mademoiselle…
Un classico pop, di sicuro una delle chanson più ascoltate, cantate e apprezzate dal pubblico francese, e non solo.
Il testo, qui di Serge Gainsbourg, gioca sul reiterare in rima di frasi che parlano di amore, addii, ansie, cuori di pyrex e tutto ciò che il miglior arsenale della reginetta del pop melanconico e tormentato può offrire.
“Mamma che noia!” dice il figlio.
“Dopo pranzo non mi sembra proprio la canzone più adatta; concilia il sonno e non vorrei mai che andassimo contro un guard rail quando manca così poco alla destinazione!”.
Prende il jack appoggiato sul bracciolo e mette su un pezzo decisamente up-beat.
“Siamo nei raver parigini più oscuri, basso caliginoso, glitch modulati chirurgicamente e gambe che non smettono di martellare a terra, potremmo essere tranquillamente al di là dell’oceano, nei sobborghi detroittiani, ma no, è a Parigi la révolution!”.
“Oltretutto questo brano è stato composto nel mio stesso anno di nascita” puntualizza sempre il più giovane.
“Beh che dire la scelta è ottima ma di certo non hai operato da “bridge” con la canzone proposta prima, si vede che sei di un’altra generazione” chiosa il fratello più grande.
“Ti trovo io il modo di caricare quest’ultima mezz’ora di viaggio, vediamo fammi pensare… bisogna trovare il giusto collegamento tra la grande scuola dei migliori chansonnier transalpini e l’alfiere del french touch da te proposto.
Giusto! French touch!!!”
Trame jazzy, chill-out de grand classe, e i prodromi di quel movimento tutto francese nel mescolare diversi stili pur mantenendo quell’andamento sinuoso, soffice e chic.
“Diciamocelo pure, i francesi hanno la puzza sotto il naso, non hanno il bidet, e per tornare al 2000 ci hanno fregato con quel indigesto golden goal, ma vuoi mettere il carezzevole tocco che sanno dare ad ogni disco posizionato sul piatto?” afferma sempre il fratello maggiore.
“Allora rilancio dimostrandoti come anche noi – della tua becera esclamazione – nuova generazione possiamo avere un orecchio per quel bisogno passatista di stilare compila su tutto” ribatte con aria di sfida il ragazzo.
“Spagnola per riprendere la opening track di questo pomeriggio, balearica per rimanere poggiati sulle spiagge consolatorie della musica ambient, una chitarra che così pizzicata pare il mandolino tanto caro alla nostra destinazione e perfetta chiusa per questa puntata con il suo andamento in calare!”
“Touchè, anzi pardon moi…te he engañado!”
A mia discolpa:
Terza tappa e torniamo in Europa, questa volta saltiamo da una parte all’altra dei Pirenei, addentrandoci in quel mischione culturale ed etnico della Penisola Iberica oppure verso la raffinatezza dei cugini d’oltralpe.
Inizialmente pensavo di trattare una musica che abbracciasse un continente a me caro, quale quello africano magari in contrapposizione con un altro del cosiddetto Terzo Mondo.
Pareva la scelta giusta dato che così avrei oltretutto favorito un giusto contraltare alle prime due puntate, che invece avevano sondato in ordine due esponenti della musica europea e poi due dei paesi più in contrasto oggigiorno ma quanto mai intrecciati l’un l’altro.
Poi ripensandoci bene mi sembrava assai arduo che una famigliola di estrazione media potesse avere così tanti input, così tanto variegati poi… quindi va bene l’espediente narrativo del far parlare ciascun soggetto con una lingua a tratti “borghese” o addirittura da etnologi, ma sarebbe stato troppo vederli disquisire su come i richiami ancestrali degli animisti subsahariani abbiano trovato casa nel mondo occidentale oppure come la morna capoverdiana sia stata rispolverata dall’italico Vinicio.
Qui la playlist allegata per questa terza tappa.

Bon vivant escapista. Commendevole fricandó di utopie. Indole appocundriaca. Loggionista alticcio.