Le donne sono come le stelle è l’ultimo singolo di Leo Pari, terzo singolo prima dell’uscita del nuovo lavoro dell’artista romano, rilasciato il 19 giugno con Sugar music.
Abbiamo avuto modo di parlare con lui del suo nuovo pezzo, del nuovo album, ma anche dei concerti e dei risvolti che il Covid ha avuto anche sul mondo della musica.
“Le donne sono come le stelle”: sei tornato con un’altra grande dichiarazione d’amore. Da dove parte questa dedica nei confronti del genere femminile?
È un inno che ho voluto innalzare al genere femminile perché ce n’è bisogno e non guasta mai: è sempre necessario ricordare quanto siano importanti le donne e che vanno rispettate, e parlo delle donne di tutto il mondo, non solo di quelle che conosciamo. Purtroppo in tante realtà sono ancora vittime di soprusi, maltrattamenti: è successo anche durante il lockdown, in cui addirittura c’è stato un incremento delle casistiche di violenza domestica e non è assolutamente accettabile.
La cosa che si riscontra spesso nelle tue canzoni è il linguaggio molto attento nei confronti delle donne.
Assolutamente. È un messaggio fondamentale per me, e meglio dirlo una volta in più che una in meno.
Le donne sono come le stelle, Dobermann e Matrioska. Tre singoli che ci portano all’uscita del nuovo album. Come sarà e cosa dobbiamo aspettarci?
Sicuramente dopo l’estate arriverà il nuovo album, e sarà dedicato alle donne. Ogni tanto si tratterà di qualche donna in particolare, ma la tematica in sottotraccia di tutto il disco sarà quella. Sarà un album di canzoni pop che analizza l’universo femminile da diverse sfaccettature, da diversi punti di vista.
Il tuo nuovo lavoro uscirà con Sugar music: com’è collaborare con un gruppo che può vantare una storia tanto lunga?
È molto bello. Mi sono trovato subito a mio agio, visto che da entrambe le parti c’è stata subito una grande empatia, quindi sono contento di far parte di questa family. Poi è un gruppo importante, che sta tornando sul mercato in maniera davvero imponente.
Ho sempre ammirato la tua capacità di scrivere ritornelli che restano in testa già dal primo ascolto: letteralmente, come fai?
Non lo so (ride, ndr). Diciamo che ho gusto forse? Possiamo dire che sono un grande ascoltatore di musica pop: i miti a cui guardare, per me, sono sempre stati Battisti, Battiato, Dalla, e quindi parliamo di un pop melodico, tutta quella parte di musica italiana con grandi ritornelli, no? Quindi anche con qualcosa di catchy in qualche modo, e vale anche per me. Poi, che sia di presa non vuol dire necessariamente che sia banale o zuccheroso, anche perché da parte mia c’è sempre stata una grande ricerca dal punto di vista melodico, la voglia di una bella melodia. Diciamo che, sì, mi definirei un musicista melodico.
Sono dieci anni dal primo album, Non parlerò d’amore, e sei cambiato tanto da quei suoni. Com’è il tuo rapporto con ciò che è andato nella tua carriera?
Dieci anni è una vita. Il rapporto con ciò che c’è stato nella mia carriera è ottimo: a me piace quello che facevo prima e ora mi piace di più quello che faccio adesso, ma credo che sia nella naturale evoluzione artistica di un musicista, un cantautore nel mio caso, quella di rinnovarsi, di ricercare e trovare soluzioni che nel tempo vengono in qualche modo perfezionate. Quindi la mia è una continua ricerca musicale, non solo dal punto di vista della parola, della canzone vera e propria, ma anche tanto dal punto di vista del suono, visto che cerco sempre di lavorare con produttori diversi, coi quali scambiare idee e trovare così formule realizzative sempre diverse, nuove, sempre in base al mio istinto musicale del momento.
Qual è stato il momento in cui hai deciso “io sarò un musicista”?
Più che deciderlo mi è sembrata una scelta naturale, visto che riuscivo. Così negli anni mi sono sempre più messo in gioco, sempre nella posizione di poter provare cose nuove, ed è un discorso che va avanti. Però vedi, se dovessi indicare un momento nel quale io “ho deciso di fare musica” non c’è, è stato più un processo, che va dai primi tentativi di scrivere una canzone al liceo fino a quando mi sono reso conto che potevo scrivere cose più sensate. A tentativi si va avanti. Diciamo che è stata una consapevolezza acquisita nel tempo.
I tuoi live sono degli eventi pieni di energia. Quanto ti è mancato il palco in questo periodo e come pensi sarà il tuo prossimo live?
Purtroppo il Covid ha interrotto una serie di concerti in acustico che io stavo facendo in giro per l’Italia, e ne avevo ancora venti in programma quando purtroppo è partito il lockdown, quindi si è dovuto tutto interrompere, per forza di cose. Però ripartirò da questo, ripartirò da questi concerti acustici, anche perché per ora si possono fare concerti solo con poche persone. Quindi comincerò da questo tipo di eventi, con un pubblico ristretto, posti a sedere molto probabilmente – a meno che non ci saranno nuove misure, e piano piano vedremo di ripartire, come stanno facendo un po’ tutti.
Com’è stato collaborare con Gazzelle al suo primo lavoro? Immaginavate tutto il successo che poi ha avuto?
Inizialmente chi se lo immaginava? Non era prevedibile. Il processo che ho fatto con lui è quello che faccio ancora oggi con altri artisti, vedi dopo di lui il lavoro che ho fatto con il disco dei VIITO, in cui ho scritto tre brani assieme a loro e stesso discorso con Galeffi, con cui sto scrivendo dei brani in questo momento. Il mio lavoro in questi casi, oltre che scrivere canzoni con o per, è anche un lavoro di analisi dell’artista, per capire cosa può far bene per lui, cosa può essere interessante e funzionale per il suo progetto, facendo un lavoro che porti a capire quali sono i punti di forza dell’artista così da valorizzarli, anche perché può essere difficile capirle da soli certe cose…
Cosa consiglieresti ai giovani che iniziano a fare musica?
Di crederci, assolutamente. Che siano loro i primi a credere in ciò che fanno, altrimenti sarà difficile che altri possano credere in loro.
Chiunque ti segua sui social ha visto la tua collezione di vinili: cosa ti sentiresti di consigliare ai nostri lettori, fra i pezzi della tua collezione?
Ci puoi trovare un po’ di tutto, quindi non saprei! In realtà nella mia non vastissima collezione – non penso di possedere più di 400 o 500 pezzi – si spazia da vinili dei Justice a quelli dei Daft Punk, ma anche Beck, Neon Indian, per parlare di cose che ho preso di recente. E poi ovviamente tanta musica italiana, con tanti autori del momento: oltre ai vinili dei Thegiornalisti e ovviamente i miei puoi trovare anche l’ultimo di Coez o Carl Brave. Mi piace confrontarmi con ciò che c’è di attuale, e scostarmi da quello stereotipo che vuole il compratore e ascoltatore di vinile solo come un cultore di rock, prog o cantautorato all’italiana anni Settanta, penso sia un bel modo per mantenersi in contatto con la realtà circostante.
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E fra le novità più recenti cosa ti è piaciuto di più?
Mi sono appassionato all’ascolto di qualcosa che è molto diverso da ciò che faccio io, ovvero Travis Scott. Mi è piaciuto molto Astroworld, perché è un modo di fare completamente diverso da mio: non c’è quasi mai una melodia, non c’è un vero e proprio ritornello, qualcosa di realmente cantabile, però allo stesso tempo è musica che funziona visto che è molto attuale, con un sound molto forte ora. E poi mi piace che su ogni traccia siano annoverati almeno una decina di autori; qua in Italia è più difficile che in un brano vengano accreditati così tanti personaggi e questo mi fa pensare: se fanno dei pezzi che hanno questo appeal sul pubblico, su così tante persone, ci sarà un motivo.
Con quale artista hai sempre sognato di collaborare?
Qualche anno fa mi sarebbe piaciuto tantissimo lavorare con Battiato, perché è un artista che ho sempre trovato originale e interessante anche nelle sue cose più sperimentali, anche nei suoi ultimi lavori, dalle varie “Messe arcaiche” ai dischi di pura elettronica. Un artista vero e completo, a 360°, con un suo linguaggio unico e personalissimo.
Cosa succederà col tour che avevi avviato prima del lockdown?
Riprenderemo, con calma. Sicuramente ci saranno tre o quattro appuntamenti durante l’estate, con le nuove modalità, e poi da settembre chiuderemo il tour con quella seconda parte che era rimasta in sospeso, sempre con la formula che prevede, in apertura, giovani artisti che direttamente avevo scelto tempo fa, una cosa che mi ha divertito non poco, anche perché ho scoperto artisti già molto forti, talenti importanti, ma magari ancora misconosciuti.
Che ne pensi dei vari nuovi ‘format’ che sono stati ponderati per la ripresa dei live e cosa pensi delle proteste dei lavoratori dello spettacolo dell’ultimo periodo?
Sono d’accordo e credo che dovrebbe arrivare una totale presa di coscienza, da parte di tutti e a tutti i livelli. Credo che dovrebbe essere il Governo stesso a riconoscere l’importanza del nostro settore, al pari di molti altri, e soprattutto che venga considerato come qualcosa di vero e reale. Poi credo sia stata molto interessante la polemica del brano silenzioso che è uscito sulle varie piattaforme, anticipato dall’hashtag #SENZAMUSICA, alla quale ho preso parte anch’io, fra gli altri: è stato bello vedere così tanti musicisti prendere le parti di chi, nel nostro settore, non sempre è in vista. Credo che porterà a una grande presa di coscienza, sarà importante. Vedrete che darà i suoi frutti.
Come hai preso la chiusura dell’Ohibò?
Mi è dispiaciuto molto perché è stato un luogo in cui passavo spesso per presentare molti progetti, un luogo che ha dato spazio a molte importanti realtà. Soprattutto, per me era la prima finestra su cui affacciarsi a Milano, un vero e proprio punto di riferimento per molti artisti che andavano per la prima volta a farsi sentire in quella città da un pubblico cospicuo. Un vero peccato. Sinceramente, spero che rimanga e lo spirito persista, magari con niente di più che un cambio di location.
Oltre ai concerti, come sarà la tua estate?
Sto lavorando e lavorerò. Collaboro con diversi artisti a delle produzioni, in più mi sto dedicando molto anche alla scrittura, visto che lavoro molto come autore, oltre che come artista vero e proprio. Quindi sto lavorando anche con altri autori, producer molto forti e importanti, coi quali stiamo mettendo a punto molte canzoni da far interpretare ad altri. Visti i pochi concerti di questa stagione, ne approfitto per focalizzarmi su quest’altro aspetto del mio lavoro.
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