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Tanti auguri, High Violet: il capolavoro dei The National compie dieci anni

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10 maggio 2020: nel trambusto di un lockdown globale, una splendida notizia per gli amanti dell’indie rock. Oggi si festeggia il decimo compleanno di High Violet, quinto album in studio dei The National nonché punta di diamante della carriera della band di Cincinnati.

Acclamato dalla critica, High Violet è diventato ben presto il mio album preferito dei The National, nonché il più rappresentato durante i concerti della band.

Per festeggiare in grande stile, i The National annunciano la pubblicazione di un’edizione speciale in triplo vinile, prevista per il 19 giugno, nonché del film “The National – ‘High Violet’ Live From Brooklyn Academy of Music (BAM)” . Solo il meglio per un enfant prodige come High Violet. 

The National
High Violet come maturità artistica

Dal 2001 al 2007 i The National hanno prodotto ben quattro album, tutti di ottima qualità e mai banali, a cui i primissimi fan sono molto affezionati. Ma se con Boxer avevano già dimostrato una notevole crescita artistica, quest’ultima con High Violet raggiunge l’apice, per poi andare sempre più a migliorare.

Tra le opere dei The National, High Violet è sicuramente una delle più complete. Ogni brano ha una sua caratteristica unica e merita un ascolto diverso. Si passa dalla malinconia di Afraid of everyone ai ritmi pulsanti di Lemonworld, fino alla delicatezza di Runaway, senza mai creare disarmonie.

High Violet è un mix di melodie ed emozioni in perfetto equilibrio, che ne fanno un’opera d’arte. Ci sarà un motivo se High Violet è stato inserito, nel 2011, tra i 1001 Albums You Must Hear Before You Die. Per nulla casuale neppure la scelta di mettere in copertina la scultura The Binding Force di Mark Fox .

High Violet è solo l’inizio di una lunga strada in salita per i The National, che con i successivi album rischiano, sperimentano e si evolvono. Ne sono la prova Trouble will find me del 2013, il Grammy-awarded Sleep well beast e l’ultimo I am easy to find, che tra voci femminili e sonorità del tutto nuove ha saputo emozionare e sorprendere pubblico e critica.

High Violet: un disco che merita un full set

High Violet è un disco che, da solo, rappresenterebbe la scaletta perfetta per un concerto dei The National. Esordisce con Terrible love che, insieme a Bloodbuzz Ohio, non manca mai in setlist.

Come un colpo di fulmine, Terrible love entra in testa in sordina, con delicatezza, fino a travolgerti completamente con il suo intreccio di chitarre e la sua intensità. Quella quiet company di cui si parla si tramuta in un ritmo esplosivo, incessante e irresistibile fino all’espressione di ciò che realmente provoca un terrible love:

It takes an ocean not to break.

I The National chiudono solitamente i loro concerti su Terrible love, prima del consueto encore. Ciò che si definisce una chiusura in bellezza. Terrible love è malinconica per musica e parole, a tratti molto triste, ma è impossibile ascoltarla sotto palco rimanendo fermi, immobili e impassibili.

È la canzone in cui il pubblico è in delirio. In cinque minuti è in grado di farti saltare, ballare ed esplodere in lacrime allo stesso tempo. Un mix di emozioni che, personalmente, nessun’altra band riesce a trasmettermi.

Parlando di High Violet, non posso non menzionare Sorrow, brano stupendo e poco rappresentato dal vivo.

Nel 2013 i The National scelsero proprio Sorrow come speciale “regalo” per il terzo compleanno dell’album: una performance di sei ore in cui la band canta Sorrow 105 volte di seguito, in collaborazione con l’artista islandese Ragnar Kjartansson. L’ardua impresa si svolse a New York, presso il MoMA PS1, e venne rilasciata nel 2015 nella raccolta di vinili A lot of sorrow. Un brano ricantato per sei ore e che neanche per un momento riesce a stancare; un’intensa love story con il dolore, uno dei sentimenti più umani e naturali che ci siano e con cui, di tanto in tanto, bisognerebbe imparare a far pace.

Last but not least, di ogni migliore storia si ricorda spesso solo l’inizio e la fine. I The National lo sanno bene, per questo chiudono High Violet in bellezza con Vanderlyle Crybaby Geeks, magnifico brano corale che dal vivo è da veri e propri brividi.

I fan dei The National lo sanno molto bene. Sfido chiunque di loro a non concludere un concerto dei The National senza Vanderlyle Crybaby Geeks, acustica e cantata a squarciagola, rigorosamente con voce rotta e secchiate di lacrime per la commozione.

Emozione provata solo dal divano di casa, siccome i miei idoli hanno deciso di non suonarla a nessuno dei tre concerti a cui ho assistito! Ritenterò, magari nel post-Covid sarò più fortunata.

Chissà se le generazioni future sapranno cogliere l’essenza di capolavori come High Violet. I The National in fondo sono ancora giovani, avendo esordito agli inizi del 2000, ma paradossalmente semi-sconosciuti al pubblico ventenne (sigh!).

Ed io mi chiedo… forse High Violet è l’album che la generazione Z si merita, ma non quello di cui ha bisogno (semi-cit).

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