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Tool osapevi?

Ma perché i Tool? Voi vi chiederete; come mai scegliere questa band Californiana per il primo approfondimento del sito? Perché questo gruppo e non un altro, magari più conosciuto ed accessibile? E a proposito, chi sono i Tool? Con calma, ma neanche troppa, cercheremo di rispondere a tutte queste domande, partendo dall’ultima.

I Tool nascono nel 1990 all’ombra dei vari Nirvana, Soundgarden, Pearl Jam e a quella scena grunge che stregava il panorama musicale del periodo e che faceva scaricare alla velocità della luce le batterie di ogni walkman esistente. La paternità della band spetta a Danny Carey, Justin Chancellor, Adam Jones -rispettivamente batterista, bassista e chitarrista- ma soprattutto al cantante Maynard James Keenan, frontman, eclettico a dir poco, capace di dare una nuova sfumatura alla definizione progressive e alternative rock attribuibile al gruppo.

Si perché, se è vero che i suoni del loro primo EP Opiate (1992) sono molto vicini allo stile ruvido e graffiato tipico del grunge, è dalla pubblicazione dell’album Undertow (1993) che si può davvero capire la direzione che il quartetto voleva prendere, una svolta decisa verso melodie sperimentali, crude in molte occasioni ma sempre introspettive e non immediate, alla ricerca di quella chiave che non sapevi di avere capace di aprire quella porta che non credevi di aver chiusa.

Non aspettatevi canzonette leggere o ballate dai temi spensierati negli album dei Tool, le fatiche di Keenan nel comporre i testi sono risultati di traumi infantili, personali o non, episodi di cronaca nera e riflessioni sulla caducità della vita o sulla fragile vanità della società Hollywoodiana; un percorso di analisi umana e metafisica, culminata con l’ultimo album datato 2006 10’000days, dedicato alla madre Marie Judith morta a seguito di una lunga agonia provocata da un ictus celebrale che la costrinse a letto paralizzata per 29 anni –approssimativamente 10’000 giorni-.

Ed è a questo punto che vogliamo rispondere alla prima domanda che vi siete potuti porre ad inizio articolo. Ma perché i Tool? Perché per apprezzare il gruppo non basta solo sentirli, bisogna soprattutto ascoltarli. Siamo personalmente arrivati ad una conclusione, ovvero sia che una canzone dei Tool debba essere ascoltata e analizzata su tre piani differenti: un primo ascolto, alla melodia e alle incredibili sonorità che gli strumenti riescono a regalare; un secondo, alla voce in relazione agli strumenti e a come si intreccia al mood della traccia; ed infine un terzo ascolto, per poter analizzare il messaggio intrinseco che Keenan vuole trasmettere. Non lasciatevi spaventare, sembra un lavoro faticoso e complicato, ma ne vale davvero la pena.

Stinkfist ad esempio, il singolo del secondogenito album Ӕnima (1996), per i più distratti potrebbe semplicemente parlare di fisting – per ulteriori informazioni digitare pugno e ano su Google – ma il vero messaggio è quanto le persone siano disposte a spingersi oltre il limite per sconfiggere la noia, l’anestesia e l’intorpidimento del piacere, senza paura di sporcarsi le mani.

Molte altre tracce possono essere analizzate secondo ragionamenti più o meno sibillini, ma lo scettro del recondito, la medaglia per il senso lato, il trofeo dell’intricato non può che non andare a Leteralus, brano dell’omonimo album del 2001.

Il tema della canzone è la critica ad una eccessiva analisi delle cose, un processo innaturale che non ci appartiene e che provoca solamente una perdita del controllo -“Over thinking, over analyzing separates the body from the mind”-, ma ironicamente l’intera canzone è strutturata secondo un’attentissima costruzione che segue la sequenza di Fibonacci (la serie di numeri per cui quello successivo è la somma dei due precedenti): nei primi versi Keenan usa le sillabe per formare i primi sei numeri della successione, poi torna indietro al primo e continua fino al settimo per tornare infine indietro fino al quarto. Di nuovo, non lasciatevi spaventare da queste strutture e posate la calcolatrice; apprezzate solamente l’impegno, lo studio e la profondità di un brano del genere, qualcosa che va oltre la mera riproduzione musicale (se siete curiosi di capire la matematica, la geometria e tutto ciò che sta dietro la traccia su YouTube troverete decine di video pronti a spiegarvene ogni segreto. In bocca al lupo).

Ecco perché Tool. Una band che ha rivoluzionato il modo di fare e creare musica e che influenza ormai da 30 anni una copiosa somma di affezionatissimi fan con le loro tematiche mai scontate, mai insulse.

Tool è un viaggio attraverso musica, arte e mente; Tool è la chiave che non sapevi di avere capace di aprire quella porta che non credevi di avere chiusa.

 

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